Gli Ebrei di Sardegna

Dai fenici ad oggi, storia del passaggio degli Ebrei in Sardegna.
Fin dai tempi più remoti gli ebrei migrarono in Sardegna, prima al seguito dei Fenici poi dei Romani e in seguito dei regnanti Aragonesi, lasciando numerose tracce del loro passaggio, ma recenti scoperte hanno datato gli scambi tra sardi ed ebrei anche in epoche più remote.

Cagliari, veduta di Castello

Dopo la dissoluzione dell’Impero Romano, quest’isola così lontana dai luoghi di potere, seguì un suo percorso e per molti secoli le comunità ebraiche prosperarono potendo continuare in tranquillità a praticare il loro culto nelle tante sinagoghe sparse nell’isola.

La loro forte presenza è testimoniata da un gran numero di reperti archeologici, tra cui sigilli, lucerne, iscrizioni funerarie che riportano il simbolo della Menorah.

Nel capoluogo gli ebrei rappresentavano il 10% della popolazione.
La comunità viveva all’interno delle mura del Castello: vi erano medici, artigiani, commercianti che collaboravano attivamente con la popolazione locale.

Nel 1492 quando i regnanti aragonesi emanarono l’Editto di espulsione da tutto il territorio del loro regno, gli ebrei dovettero scegliere se convertirsi o partire, perdendo così tutti i loro beni. Molti di loro accettarono la conversione, praticando in segreto nonostante le persecuzioni il loro culto.

Ancora oggi però molte consuetudini e molte usanze sarde ricordano la cultura ebrea e grazie all’Associazione Chenàbura molti sardi possono ritrovare l’orgoglio delle loro radici ebraiche.

 

BREVI CENNI SULLA STORIA DELLA COMUNITA’ EBRAICA A CAGLIARI

La  comunità ebraica era presente in quella che verrà poi chiamata Karalis, già all’epoca della civiltà sardo-fenicio-punica. Un etnia che  attraversò la dominazione romana fino alla sua decadenza e che visse indisturbata fino al Medioevo, durante I regni giudicali sardi.

Quando i catalano-aragonesi iniziarono l’assedio al Castello di Cagliari già fortificato in maniera imponente dai Pisani,  anche con la costruzione di possenti torri rimaste ancora oggi ben conservate e visibili, furono seguiti da commercianti, militari e medici ebrei provenienti principalmente dalla Spagna, dalle Baleari e dal sud della Francia, che si insediarono in un primo tempo in un Hospicium sul colle di Bonaria.

Dopo la resa della città nel 1326 gli ebrei si trasferirono nel Castrum evacuato dai pisani, prendendo possesso di case nella via riservata ai giudei che vi abitavano già in precedenza.

Il vero quartiere ebraico o Juharia ( giuderia ) si formò però negli anni seguenti fra la rua de la Fontana e la rua de l’Oryfain ( elefante) nella zona dove si erano insediati gli ebrei maiorchini  e catalani raggiunti poi dai nuovi pobladors, attratti dalle defiscalizzazioni concesse  dai sovrani a tutti gli ebrai che avessero scelto di ripopolare l’Isola ed esercitare le loro professioni.

Nacque quindi un piccolo quartiere riservato che si estese ingrandendosi da tutta la via della Fontana alle mura dove attualmente è il Bastione di Santa Croce.

Ulteriori ingrandimenti del quartiere vennero vietati, ma la pressione demografica era tale che gli ebrei trovarono uno sbocco abitativo nelle viuzze laterali e proprio nella via dell’Oryfain sino alla Torre dell’elefante.

Nel 1376 il Castello si spopolò a causa della guerra con l’Arborea, successivamente venne però ripopolato da sudditi del sovrano Pietro IV che invitò, concedendo ulteriori vantaggi soprattutto fiscali,  i propri sudditi a trasferirsi a Cagliari.

Il nuovo arrivo di ebrei fece aumentare ancora il numero delle famiglie abitanti la Juharia  che si rivelò non più capiente , costringendo le famglie a cercare abitazione in due zone distinte: la Juharia Maggiore che si estendeva dalla Torre della Fontana sino la rua de l’Oryfain e la Juharia minore o parva che risaliva dalle mura sino alla rua del vy o del vino,  nella quale erano aperte delle mescite di vino kasher  acquistato anche dai cristiani. Era quest’ultima una zona posta nell’attuale via Stretta e sino al vicolo che portava alla torre di San Pancrazio, occupando verso la metà del ‘400 almeno un terzo del Castello.

Al centro della Juharia, nei pressi dell’attuale Chiesa di Santa Croce era la Sinagoga che più attuali studi indicano potesse essere vicino alla torre della Fontana con la Schola, costruzioni  situate nelle vicinanze sia del forno degli ebrei, gestito da un cristiano,  che della fonte de la Juharia riservata agli ebrei, posta fra le mura e l’attuale via Corte d’Appello.

La fonte era abbondantissima ed essendo la migliore di Castello veniva utilizzata da cristiani ed ebrei e costituiva un importante punto di vita sociale per la comunità giudaica.

La fonte alimentava una cisterna dai cui tre rubinetti la popolazione poteva prelevare l’acqua gratuitamente,  era riempita dall’azione di un mulino a cavalli al cui funzionamento provvedeva un fontaniere Cristiano che abitava li a fianco e provvedeva alla riscossione dell’unica tassa imposta per l’abbeveratoio destinato ai cavalli e agli animali da macello.

Nella  zona del Balice vicino alla torre dell’elefante era il macello pubblico dove gli ebrei avevano una loro postazione riservata che consentiva loro di rispettare la Kasherut nella macellazione e che era gestita anche questa da un cristiano, il quale riscuoteva una tassa sulla carne venduta , attività comunque a cui avevano accesso anche i non ebrei.

Il principale cimitero degli ebrei, fossar judeorum,  era situato invece fuori dalle mura, probabilmente nella fossa di San Gugliemo, dove oggi è la Clinica Aresu, mentre altri tre cimiteri ebraici erano ubicati in Stampace il cui più esterno era posto nei pressi dell’attuale Orto botanico.

La Comunità ebraica, secondo i privilegi accordategli dipendeva da Sovrano  e si autoamministrava nella sua aljama (nome utilizzato in vecchi documenti ufficiali di spagnoli e portogallo per designare comunità di mori o di ebrei), con una rilevante stratificazione sociale e di potere.

C’erano i ricchi ed i poveri, il ceto più elevato era costituito dai grossi mercanti e banchieri, da medici e rabbini  che ricoprivano le più alte cariche della Comunità seguiti dai medi e piccoli mercanti, dai commercianti e dagli artigiani e bottegai che animavano le strette strade della Juharia.

Non mancavano i  poverissimi stracciaioli, robivecchi, venditori di spilli e manovali.

La vita sociale era molto vivace secondo le leggi ed  abitudini ebraiche, con matrimoni, liti fra famiglie e singoli ma anche con una buona prosperità e vita culturale che si ampliava verso tutte le Comunià ebraiche del Mediterraneo e ove era concesso loro di commerciare ed esercitare le loro professioni.

Una comunità di circa mille persone, un numero cospicuo se si pensa che Cagliari all’epoca contava un numero di abitanti pari a 9 mila.

Una comunità importante la cui vita sociale, però, venne interrotta purtroppo nel 1492 quando per ordine  dei regnanti venne ordinato loro di abbandonare la Sardegna o di convertirsi.

 

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